Si allega il rapporto OMI 2022 sui dati del mercato delle abitazioni riferiti al 2021. Per quanto riguarda le compravendite dopo la frenata del 2020 innescata dalla pandemia (-7,7 % degli immobili venduti), il mercato residenziale torna a crescere sfiorando le 750.000 abitazioni vendute con un rialzo del 34% rispetto all’anno precedente. Rispetto al 2019 le compravendite sono aumentate invece del 24% confermando il trend crescente in atto dal 2014 e temporaneamente interrotto nell’anno in cui è scoppiata la pandemia. Ma sempre rispetto al 2019 il fatturato medio per unità immobiliare venduta è diminuito di quasi € 3.000,00. A questo proposito molto interessante anche l’analisi contenuta nella parte finale del rapporto secondo cui l’enorme divario fra il prezzo della casa e il reddito disponibile delle famiglie che ha caratterizzato il decennio 2006-2015 è stato in parte riassorbito. Per dare un’idea se nel 2011 servivano più di 4 annualità di reddito per comprare una casa, nel 2021 il valore corrispondente è di poco oltre le 3 annualità di reddito. Nel 2021 si conferma anche la leggera tendenza in aumento dei mutui garantiti da ipoteca che riguardano il 51,2% delle abitazioni vendute. Per quanto riguarda infine i dati territoriali tra le grandi città nel 2021 il mercato residenziale è stato particolarmente vivace a Roma, Genova e Milano. Rispetto invece ai comuni non capoluogo tra quelli situati nella prima cintura urbana di ogni città e gli altri della provincia si osserva una maggiore crescita allontanandosi dalla città capoluogo, con l’eccezione della provincia di Palermo. Passando quindi alle locazioni si registra innanzitutto un maggiore segnale di ripresa del mercato ad uso non abitativo che è cresciuto del 13,6% rispetto al 2020 mentre l’incremento del mercato ad uso abitativo 2021 è del 5,9%; confrontando però il dato dei contratti registrati nel 2021 con il 2019 emerge una riduzione che nel primo caso è del 10,1% mentre per le abitazioni è solo del 3,5%. Il numero delle nuove locazioni ad uso abitativo è di 1.365.646 ma la successiva parte del rapporto analizza il mercato in relazione soltanto ad una parte di queste che corrisponde a poco più di 900.000 immobili locati per intero. Il risultato è che il 50,2 % dei contratti è ascrivibile alla tipologia a canone libero mentre per il 26,9% dei casi si tratta di contratti agevolati e per il 4,7% si tratta di contratti agevolati per studenti universitari. La restante categoria, rubricata come “contratti transitori ordinari” e a cui corrisponde il 18,2% dei nuovi contratti, è in realtà da considerare col beneficio d’inventario trattandosi di contratti non agevolati con durata superiore a 1 anno e inferiore a 3 anni. Detto questo il dato che spicca è la crescita della quota dei contratti agevolati, in particolare di quelli per studenti universitari che sono aumentati di oltre il 30% rispetto al 2020 e di quasi il 24% rispetto al 2019. Nel 2021 la quota di mercato riferibile ai contratti concordati risulta complessivamente del 31,6% e composta per il 26,9% dai contratti concordati e per il 4,7% dai contratti per studenti universitari. Com’era logico aspettarsi questa quota cresce sensibilmente se l’analisi viene limitata alle abitazioni locate nei comuni ad alta tensione abitativa dove si registra un 35,3% per i contratti agevolati e il 6,6% per i contratti per gli universitari fuori sede. Sempre rispetto alle locazioni nei comuni ad alta tensione abitativa il canone annuo medio risulta di 73,3 €/mq per i contratti agevolati, di 81,2 €/mq per i contratti per studenti, di 85 €/mq per i contratti liberi e di 83,9 €/m per i c.d. “ordinari transitori”. Stando a questa statistica tutto a posto per quanto riguarda il differenziale fra i contratti agevolati e quelli liberi, un po’ meno se il confronto viene svolto fra i contratti per studenti e quelli liberi. Ma, come già segnalato in precedenti occasioni, i dati sono molto diversificati, in particolare in alcune grandi città dove il differenziale fra i canoni liberi e quelli concordati si riduce eccessivamente o addirittura paradossalmente si inverte. Riteniamo pertanto che in questi casi, anche tenuto conto dei dati riportati nel rapporto, andrebbe richiesta una verifica ed effettuata all’occorrenza una rapida revisione della parte economica dell’accordo territoriale.
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