In allegato il decreto legge 69/2024 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Si tratta del provvedimento già correntemente denominato come decreto “salva casa”, fortemente voluto dal Ministro Salvini ed approvato con grande celerità dal Governo. Per quanto la decretazione d’urgenza viene utilizzata con troppa disinvoltura da diverse legislature, sorgono più che mai dei dubbi sui presupposti di necessità e urgenza che vengono posti alla base di questo provvedimento. Il decreto legge viene motivato con la necessità di far fronte al crescente fabbisogno abitativo, di rilanciare il mercato della compravendita immobiliare e di riutilizzare il patrimonio esistente per contenere il consumo di suolo. Ma obiettivi di così grande portata richiederebbero vere e proprie riforme organiche che sono di competenza del Parlamento e su cui andrebbe anche avviato un approfondito confronto con tutte le parti sociali. D’altra parte affrontare la questione abitativa cercando soltanto di facilitare il trasferimento della proprietà significa intervenire semplicemente a favore di coloro che sono in grado di sostenere l’acquisto. E cioè il decreto si occupa teoricamente soltanto di una parte della domanda abitativa che peraltro non è quella maggioritaria e neppure quella più grave ed urgente. Vero è che il Ministro si è affrettato a dichiarare che si tratta solo dell’inizio di un percorso e che il prossimo step riguarderà l’edilizia pubblica, popolare e sociale. Ma ammesso anche che questo famigerato “piano casa” del Ministro Salvini (di cui si parla da oltre un anno e per il quale è stato avviato un tavolo ministeriale con la convocazione di oltre 30 soggetti ed esclusione dei sindacati degli inquilini) determinerà un incremento significativo dell’offerta di alloggi pubblici ed in particolare di quelli destinati alla locazione a canone sociale, resta il fatto che se si volesse davvero provvedere urgentemente al crescente fabbisogno abitativo sarebbe indispensabile intervenire anche e prima di tutto sul mercato delle locazioni per rendere gli affitti maggiormente sostenibili. Entrando poi nel dettaglio del provvedimento non può non venire il sospetto che sia più che altro un tentativo di recuperare visibilità e consenso in vista dell’imminente scadenza elettorale. Indubbiamente vi è anche l’intento condivisibile di semplificare e aggiornare le norme e le procedure burocratiche ma dall’altro lato si profila un vero e proprio condono generalizzato che rischia di concretizzarsi in tempi brevi attraverso il meccanismo del silenzio-assenso della Pubblica Amministrazione. Fatta questa premessa si segnala innanzitutto l’introduzione di norme per facilitare il mutamento di destinazione d’uso dell’unità immobiliare che ora: – viene sempre consentito qualora non richiede opere, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni;
– nel caso in cui ricade nelle zone residenziali non è più assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale nè al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi; – nel caso in cui non richiede opere potrà essere effettuato semplicemente con la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 viene poi modificato il limite delle tolleranze e cioè di alcuni possibili scostamenti rispetto al progetto che era stato depositato al Comune. Il limite precedente del 2% viene elevato in misura inversamente proporzionale per cui varia ora fra il 2% e il 5% che viene previsto per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadri. Questo limite non riguarda soltanto l’altezza, la cubatura o la superficie dell’immobile ma anche la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali, le irregolarità esecutive dei muri esterni ed interni, la difforme ubicazione delle aperture interne, … (si vedano a questo proposito le modifiche all’articolo 34 bis del DPR 380 del 2001). Viene quindi prevista la possibilità di una sanatoria per gli interventi eseguiti in parziale difformità rispetto al titolo abilitativo mediante richiesta di permesso di costruire o SCIA e pagamento di una sanzione compresa tra 1.032 e 30.984 euro. La sanatoria è ammessa purchè la difformità non riguardi le varianti essenziali come definite dalle norme regionali e comunali. Considerato però che i termini previsti per il silenzio assenso sono di 45 giorni per il permesso di costruire e di 30 giorni per la SCIA e il prevedibile incremento delle domande che perverranno agli sportelli comunali per l’edilizia è molto probabile che tante domande che verranno accolte senza alcuna valutazione di merito. Da ricordare anche che sia le nuove norme sulle tolleranze che quelle per la sanatoria delle difformità parziali si applicano a tutti gli immobili della pubblica amministrazione (compresi ad esempio quelli di proprietà degli ex Iacp) che viene però espressamente esentata dal pagamento della sanzione prevista per la sanatoria. Tornando ai privati ricordiamo che il decreto rende anche più semplice provare lo stato legittimo degli immobili per cui sul piano amministrativo non sarà più necessario ricostruire tutta la catena dei titoli depositati in Comune ma sarà sufficiente l’ultimo titolo depositato. Infine il provvedimento amplia il concetto di edilizia libera ricomprendendo ad esempio le tende da sole purchè non implicanti la creazione di uno spazio stabilmente chiuso con conseguente variazioni di volume e di superfici.
DECRETO LEGGE 69 24 SALVA CASA