In allegato la legge finanziaria pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre u.s. Una manovra che vale circa 30 miliardi di euro ed è incentrata sulla riduzione della pressione fiscale a favore dei redditi medio bassi. Ben 12,4 miliardi vengono utilizzati per il taglio del cuneo fiscale che viene esteso anche ai redditi fino a 40.000,00 € con un beneficio che diminuisce progressivamente a partire dai 32.000,00 € di reddito. La manovra conferma inoltre il regime transitorio Irpef in vigore dal 2024 e fondato sulle tre aliquote del 23%, del 35% e del 43% riferite rispettivamente agli scaglioni di reddito fino a 28.000,00 €, fra i 28.000,00 e i 50.000,00 € ed oltre i 50.000,00 €. Viene quindi reso strutturale l’accorpamento dell’aliquota del 25% con quella del 23% con una riduzione di due punti percentuali a favore di tutti i contribuenti con redditi superiori a 15,000,00 €. Così pure risulta confermato l’incremento da 1.880,00 a 1.955,00 € della detrazione per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 15.000,00 € vale a dire l’equiparazione della relativa no tax area a quella originariamente prevista solo per i pensionati. Le due misure del taglio del cuneo e dell’accorpamento delle prime due aliquote Irpef equivalgono complessivamente ad una spesa di oltre 17 miliardi. Ma all’alleggerimento del carico fiscale e contributivo non corrisponde dall’altro lato una revisione delle varie flat tax di cui beneficiano ampiamente i titolari di redditi medio-alti. Peraltro, la particolare vocazione di questo Governo per la tassa piatta viene confermata con l’innalzamento da 30.000,00 a 35.000,00 € del limite che consente ai lavoratori dipendenti e ai pensionati di accedere al regime forfettario delle partite Iva. Facile prevedere quindi un’ulteriore crescita delle partite IVA che potrebbe andare ad aggravare una perdita per l’erario che è già superiore ad oltre 10 miliardi considerando tutti i regimi agevolati e consiste in oltre 6 miliardi di minori incassi conteggiando soltanto la cedolare secca sugli affitti e i forfettari delle partite Iva. La legge di bilancio provvede invece ad una prima revisione della disciplina delle detrazioni fiscali introducendo col comma 10 un massimale per i redditi superiori a 75.000,00 € che viene poi ulteriormente abbassato nel caso di redditi superiori a 100.000,00 €. Un massimale che varia anche in base alla presenza e al numero di figli fiscalmente a carico per non penalizzare le famiglie più abbienti che contribuiscono a contenere uno squilibrio fra vecchie e nuove generazioni sempre più allarmante. Per incentivare la natalità nelle famiglie con redditi medio-bassi viene invece introdotto un bonus di 1.000,00 € per ogni figlio nato o adottato da gennaio 2025 purché l’ISEE non sia superiore a 40.000,00 €. Vi sono poi altre misure di sostegno alle famiglie con redditi bassi come: il rifinanziamento delle carte prepagate (c.d. carta “dedicata a te”) per l’acquisto di beni alimentari di prima necessità per le famiglie con ISEE non superiore a 15.000,00 €; l’incremento di 500 milioni di euro per l’anno 2025 del Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti; lo stanziamento di 30 milioni di euro per l’istituzione del Fondo Dote Famiglia dedicato ai giovani di età compresa tra i 6 e i 14 anni in nuclei con reddito Isee fino a 15.000,00 € a sostegno della genitorialità e delle attività sportive e ricreative effettuate in periodi extrascolastici. Tornando invece alle detrazioni fiscali spicca il riordino dei bonus edilizi previsto ai commi 54, 55 e 56 che per il 2025 vengono quasi del tutto allineati al 50% per le prime case e al 36% per le seconde con la previsione di un’ulteriore riduzione al 36% per le prime case e al 30% per le seconde a partire dal 2026. Per il 2025 resta soltanto il bonus barriere architettoniche al 75% e il superbonus al 65% per i condomini che hanno avviato i cantieri entro il 15 ottobre u.s. mentre viene confermato il superbonus al 110% solo per i Comuni colpiti da terremoti a partire da aprile 2009 e per gli enti del terzo settore che effettuano lavori su strutture sanitarie. Vengono inoltre eliminati il bonus per l’installazione di caldaie a condensazione e quello per la sistemazione dei giardini. Con questo riordino il Governo punta evidentemente a contenere il debito pubblico che era cresciuto a dismisura proprio per effetto di scelte sempre più spregiudicate in materia di bonus edilizi e in particolare a causa del bonus facciate e del superbonus al 110%. Peraltro rispetto ai bonus previsti per il 2025 e per gli anni seguenti si applica il già ricordato tetto alle detrazioni introdotto con questa finanziaria. Da rimarcare che, non essendo stati equiparati ai lavori sulla prima casa quelli effettuati per gli immobili affittati a uso primario, rischiano di essere penalizzati anche gli inquilini che notoriamente appartengono a basse fasce di reddito e sono particolarmente esposti alla povertà energetica. Dev’essere quindi urgentemente esteso l’ambito di applicazione della norma che limita i bonus edilizi per la prima casa alle spese sostenute dai titolari di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale. Oltre a questo riemerge una forte propensione a sostenere l’acquisto in proprietà e a penalizzare chi vive in affitto. Da un lato il Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa viene incrementato di 130 milioni per il 2025 e di 270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027 mentre dall’altro vengono incrementati soltanto di 10 milioni di euro per il 2025, di 20 milioni per il 2026 e di 30 milioni per il 2027 gli stanziamenti per la riduzione del disagio abitativo. Conosciamo bene la particolare e storica attenzione della nostra classe politica, da destra a sinistra, nei confronti delle banche, dei notai e degli operatori del settore immobiliare prima ancora che rispetto alle famiglie che hanno una certa disponibilità economica e sono quindi in grado di procedere all’acquisto per sè stesse o per i figli. Ma, considerata l’abnorme presenza di inquilini fra le famiglie in povertà assoluta certificata ripetutamente dai dati Istat, ci saremmo aspettati quanto meno un maggiore equilibrio. Rispetto al mercato della compravendita da segnalare anche il comma 116 che al fine di agevolare il cambio della prima casa innalza da uno a due anni il termine entro cui è consentito rivendere l’abitazione acquistata in precedenza con le specifiche agevolazioni per la prima casa per continuare a usufruire delle medesime agevolazioni sulla nuova abitazione. Riguardo ai sussidi per l’affitto va invece tenuto presente che, non essendo stato effettuato alcun riparto delle poche risorse che erano state stanziate dalla legge finanziaria dell’anno scorso, la dotazione complessiva e relativa al Fondo Sostegno Affitto e al Fondo Morosità Incolpevole ammonta a 17,63 milioni di euro per il 2025, a 27,63 milioni per il 2026 e a 37,63 milioni per il 2027. Peraltro stando al comma 117 gli stanziamenti integrativi di 10 milioni per il 2025 e di 20 milioni per il 2026 vanno espressamente riferiti al Fondo Morosità Incolpevole. Il successivo comma 118, rinviando al decreto di riparto che dovrà essere adottato entro il prossimo 30 marzo, dispone anche una revisione dei criteri e delle modalità di utilizzo di queste risorse riferite al Fondo Morosità Incolpevole per cui: le risorse dovranno essere erogate entro il 31 luglio di ciascuna annualità pena il definanziamento delle stesse; per ciascun richiedente dovrà essere verificato ogni anno la permanenza di uno stato di bisogno connesso alla perdita o alla consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare tale da non permettere o da rendere particolarmente difficoltoso il pagamento del canone di locazione; dovrà essere stabilito il numero massimo di annualità consecutive per le quali l’inquilino moroso incolpevole può accedere al Fondo anche prevedendo, in alternativa, la possibilità di corresponsione del contributo direttamente al proprietario. Una norma puntigliosa e severa a fronte di stanziamenti irrisori rispetto a quelli della precedente legislatura e che dunque conferma l’esistenza di una vera e propria pregiudiziale da parte di questo Governo verso la concessione di sussidi generalizzati in favore di fasce povere della popolazione. Venendo poi al Piano Casa annunciato da oltre un anno dal Ministro Salvini e rispetto a cui, come sapete, è stato finora aperto soltanto un tavolo di confronto con esclusione dei sindacati inquilini e confederali, va osservato prima di tutto che le risorse stanziate per l’edilizia residenziale sociale sono state semplicemente ritoccate rispetto a quelle previste per il 2024 e rimaste finora inutilizzate. Per la precisione si passa dai 497 milioni a poco più dei 521 milioni previsti da questa finanziaria per il 2025. Ma non è tutto: considerando gli stanziamenti per il triennio 2024-2026 previsti dalla precedente legge di bilancio e quelli per il triennio 2025-2027 stabiliti da quest’ultima finanziaria risulta una riduzione dei fondi per oltre 400 milioni di euro. Stando poi al comma 403 risulta autorizzata una spesa ulteriore di 560 milioni di euro di cui 150 milioni di euro per l’anno 2028, 180 milioni per l’anno 2029 e 230 milioni per l’anno 2023 per il finanziamento del c.d. Piano Casa Italia che viene definito dal precedente comma 402 come il vero e proprio “strumento programmatico avente ad oggetto il rilancio delle politiche abitative come risposta coerente ed efficace ai bisogni della persona e della famiglia” ed “è finalizzato a definire le strategie di medio e lungo termine per la complessiva riorganizzazione dell’offerta abitativa” privilegiando “la valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente e il contenimento del consumo di suolo”. Poiché la norma prevede che questo nuovo piano di edilizia residenziale pubblica e sociale dovrà essere approvato entro il prossimo 30 giugno con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, colpisce che ad esso vengano ricollegate unicamente le risorse stanziate a partire dal 2028. Considerato che questa legge di bilancio provvede per il triennio 2025-2027 e soprattutto che l’attuale legislatura scade proprio nel 2027, non possiamo fare troppo affidamento su quanto previsto dal 2028 in avanti. Le perplessità aumentano guardando al comma 401 che ribadisce implicitamente la necessità di definire con Decreto del Ministro delle Infrastrutture le linee guida per la sperimentazione di modelli innovativi di edilizia residenziale pubblica che in base al comma 282 legge di Bilancio 2024 dovevano essere approvate entro il mese di aprile dell’anno scorso. Non viene cioè semplificato l’iter nonostante i tempi stringenti previsti per l’approvazione del Piano Casa Italia e di riflesso per le linee guida che devono essere definite dal MIT. Tanto meno viene fatto riferimento alla necessità di procedere attraverso l’interlocuzione con tutte le parti sociali. Infatti le modifiche apportate dal comma 401 di questa finanziaria implicano soltanto che l’edilizia residenziale sociale viene espressamente ricompresa insieme all’edilizia residenziale pubblica come oggetto delle linee guida tuttora da emanare. Viene così formalizzata una forte propensione per il social housing che peraltro di fatto era già emersa con la convocazione al tavolo del MIT di tanti soggetti privati potenzialmente interessati a cofinanziare gli interventi. Un’opzione che in seguito era stata esplicitata anche nel Piano Strutturale di Bilancio in cui si prospettava apertamente un nuovo piano di social housing con una particolare attenzione da dedicare ai lavoratori e agli studenti fuori sede. Insomma nessun ripensamento da parte del Governo sulla linea da seguire in materia di edilizia pubblica. E soprattutto niente di nuovo rispetto ai Governi precedenti visto che negli ultimi 10-15 anni in Italia praticamente sono stati fatti soltanto piani di housing sociale. E tuttavia, considerato che nel frattempo nessun effetto di calmieramento dei prezzi di mercato è stato prodotto e che la ben più consistente domanda di alloggi a canone sociale è rimasta pressoché inevasa, ci saremmo aspettati quanto meno una corsia preferenziale per l’immediato recupero dei circa 100.000 alloggi di ERP che non vengono riassegnati a causa di mancate manutenzioni. Rispetto poi agli studenti fuori sede vale la pena di ricordare che con il PNRR e i provvedimenti attuativi, recentemente sono stati già effettuati forti investimenti per rilanciare l’housing universitario. Riguardo invece ai lavoratori fuori sede andrebbe piuttosto sviluppata la contrattazione integrativa con le imprese e/o le associazioni datoriali già prevista dall’articolo 1 comma 6 del Decreto Ministeriale 16 gennaio 2017. Contrattazione che peraltro potrebbe offrire soluzioni per la mobilità dei lavoratori in tempi più brevi rispetto a quelli connessi alla realizzazione di un apposito piano di housing. E che quindi è certamente più adatta per valorizzare in tempo utile anche quanto previsto dal comma 386 di questa legge di bilancio che, facendo riferimento alle somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento dei canoni di locazione e delle spese di manutenzione dei fabbricati locati dai dipendenti, prevede l’innalzamento della soglia di esenzione fiscale fino a 5.000,00 € per i nuovi assunti nel corso dell’anno 2025 che trasferiscono la residenza di oltre 100 chilometri per esigenze di lavoro.
Legge 207-24 bilancio per 2025