Costruire una grande coalizione sociale e istituzionale per spingere governo e parlamento a cambiare registro sulle politiche per la casa. Questa la proposta lanciata oggi a Roma dal segretario generale del Sicet Cisl, Nino Falotico, nel corso di un convegno sull’edilizia residenziale pubblica. In occasione del cinquantenario delle lotte per la casa e a 70 anni dal Piano Fanfani, il sindacato inquilini della Cisl ha chiamato a raccolta le principali associazioni e istituzioni del settore come Federcasa, Caritas, Anci, Conferenza Stato-Regioni per fare un esame della situazione e gettare le basi di un dialogo costruttivo per affrontare e risolvere l’emergenza abitativa, specie nelle grandi città.

Il punto di partenza è il manifesto unitario sottoscritto nel 2017 proprio da Federcasa (l’associazione che riunisce e rappresenta 80 aziende territoriali di edilizia residenziale pubblica) e le associazioni degli inquilini Sicet, Sunia, Uniat e Unione Inquilini. L’obiettivo è riportare il tema della casa nell’agenda politica del paese. Tre le priorità indicate dal Sicet: ampliare l’offerta abitativa pubblica con una maggiore disponibilità di alloggi di edilizia residenziale pubblica; favorire la contrattazione sindacale abolendo la cedolare secca sui contratti liberi e in prospettiva riformando la legge 431/98; rifinanziare il fondo di sostegno agli affitti per aiutare le famiglie a rischio morosità.

Un sistema complesso e frastagliato quello dell’edilizia sociale in Italia, con circa 800 mila alloggi popolari, oltre 2 milioni di famiglie residenti e altre 650 mila famiglie in lista d’attesa. Un patrimonio abitativo che dal ’93 ad oggi si è ridotto di 200 mila unità – dice il Sicet – e che non regge il confronto con il resto dell’Europa. In Francia, ad esempio, gli alloggi sociali sono oltre 5 milioni. Del resto, se la casa di proprietà si conferma il sogno di ogni famiglia italiana (ne possiede almeno una il 71 per cento), l’abitazione in affitto è sempre più spesso l’unica soluzione abitativa possibile (lo è già per 4,7 milioni di famiglie), sia per ragioni economiche, sia per i cambiamenti degli stili di vita, in particolare tra i giovani under 35, dove solo 9 su 100 sono proprietari della casa in cui abitano.

“La risposta della politica è stata nel corso degli ultimi decenni, senza distinzione di casacca politica, del tutto inadeguata”, spiega il segretario del Sicet Cisl, che aggiunge: “Le politiche della casa sono state letteralmente sfrattate dal dibattito pubblico e le case popolari, una volta fiore all’occhiello del welfare italiano, sono diventate un tema impopolare. Il risultato è che dove sono venute meno le politiche pubbliche e la presenza dello Stato si è affievolita, si è affermata la legge della giungla come dimostrano le proteste di Casal Bruciato. È una follia – continua Falotico – pensare di affrontare l’emergenza abitativa come una questione di ordine pubblico o, peggio ancora, alimentando la guerra dei penultimi contro gli ultimi. Le periferie sono diventate la linea di faglia su cui si scaricano le tensioni causate da fenomeni epocali non governati”.

Per il segretario del Sicet “bisogna tornare ad investire in case popolari e nella qualità della vita delle periferie per dare una risposta concreta a quelle cento famiglie che ogni giorno vengono sfrattate e alle oltre 600 mila famiglie in lista d’attesa da anni per un alloggio popolare; famiglie – ammonisce il sindacalista – che la crisi economica ha reso ancora più fragili e allo stesso tempo più sensibili alle narrazioni sovraniste. La sfida è sottrarre il tema della casa alla facile propaganda e riportarla nel bacino della buona politica, altrimenti di casi come Casal Bruciato ne avremo uno a settimana”.

E a chi gli chiede dove trovare i soldi, il segretario del Sicet risponde di guardare con favore al piano rilanciato da Romano Prodi nel corso del recente attivo unitario nazionale di Cgil Cisl Uil a Matera: “Una robusta politica dell’abitare, che significa più case a costi contenuti ma anche rigenerazione urbana e rilancio dell’edilizia, non può essere fatta con gli spiccioli stanziati dagli ultimi governi, spesso con emendamenti al foto finish alla legge di bilancio e solo per tamponare le emergenze. La casa deve tornare ad essere uno dei pilastri del welfare, come sostiene del resto anche la Commissione europea. Per fare questo la proposta di Prodi di mobilitare in Europa 100-150 miliardi di euro all’anno in più, tra risorse pubbliche e private, su istruzione, salute e case popolari mi sembra lungimirante e coglie a pieno la necessità di fare della casa un tema di dimensione europea. Se in Italia meno di 4 alloggi su 100 è di edilizia sociale, mentre in Francia gli alloggi sociali sono quasi 17 su 100, significa che c’è uno squilibrio nell’offerta pubblica che deve essere corretto per assicurare alle famiglie italiane gli stessi diritti sociali di quelle francesi”.

Il sindacato inquilini della Cisl guarda, intanto, già alla prossima tappa: una conferenza nazionale della casa quale punto di arrivo di un lungo percorso di elaborazione e condivisione delle proposte. Spiega Falotico: “Per imprimere forza politica in vista della legge finanziaria del prossimo autunno, abbiamo deciso di realizzare una conferenza nazionale sull’abitare con Anci, Conferenza Stato-Regioni e governo nazionale. I tempi sono maturi per tornare a discutere di politiche per la casa; per tornare ad occuparsi di case popolari come luoghi in cui si rinsalda la coesione sociale e si alimenta la fiammella della cittadinanza. inoltre, in occasione dei 50 anni delle lotte per la casa, abbiamo deciso di realizzare con Cgil Cisl Uil un apposito evento celebrativo congiunto per sollecitare l’apertura di un confronto stabile col governo prima della prossima legge finanziaria. A questo scopo si stanno già realizzando delle conferenze e assemblee unitarie regionali: una si è tenuta in Lombardia; il prossimo 18 giugno sarà la volta della Sicilia e abbiamo già in programma incontri in Piemonte, Lazio e in Puglia. Si tratta di appuntamenti propedeutici alla conferenza nazionale e rappresentano anche un movimento di sensibilizzazione dal basso per far comprendere al governo che bisogna cambiare rotta e aprire al confronto con le rappresentanze sociali e istituzionali”, conclude il segretario del Sicet.