In allegato un articolo del Sole 24 Ore del 9 maggio secondo cui, nonostante sia ancora in corso la discussione sulla delega al Governo per la revisione del sistema fiscale, non vi sarebbero novità in materia di cedolare secca sugli affitti. Ottima notizia per quanto riguarda la cedolare secca al 10% sui canoni concordati, molto meno rispetto alla cedolare secca al 21% sui canoni liberi di cui abbiamo richiesto l’abolizione o quanto meno il suo innalzamento per favorire i contratti concordati e il rilancio della contrattazione sindacale da cui scaturiscono. Del resto, come già più volte sottolineato, la cedolare secca sui contratti liberi costituisce una premialità difficilmente giustificabile sia in linea di principio che sul piano pratico e sostanziale. Dalla tabella pubblicata a margine dell’articolo si ricava che nell’anno 2021 la perdita di gettito riconducibile all’applicazione della flat tax sui contratti liberi in luogo della corrispondente aliquota fiscale ammonterebbe ad oltre un miliardo e mezzo di euro. Si tratterebbe più esattamente di 1.595 milioni di euro di cui beneficiano per il 62% (989 milioni) i contribuenti con un reddito superiore a 50.000 euro e per il 93% (1482 milioni) i contribuenti con redditi superiori a 28.000 euro. L’articolo riporta anche che rispetto all’anno 2020 la cedolare secca sui contratti liberi in termini di imponibile è rimasta invariata, un ulteriore dato che conferma le perplessità già sollevate negli anni precedenti dalla Corte dei Conti rispetto all’effettiva efficacia della misura ai fini dell’emersione degli affitti in nero e al rischio che la cedolare secca si risolva in una mera agevolazione della proprietà immobiliare a scapito dell’erario. Qualcosa di meglio invece per quanto riguarda la cedolare secca sui canoni concordati, che è cresciuta in termini di imponibile del 6% rispetto al 2020, ma che soprattutto a differenza di quella sui canoni liberi svolge anche una funzione sociale, trattandosi di un’agevolazione fiscale che viene concessa in virtù di un trattamento di favore che viene praticato nei confronti dell’inquilino. L’articolo si sofferma infine sulle possibili scelte dei contribuenti in relazione all’andamento dell’inflazione. La considerazione di fondo è che con un’inflazione come quella attuale nel caso di contratto concordato non conviene certamente la revoca della cedolare secca. Viceversa per i locatori titolari di contratto libero si suggeriscono calcoli individualizzati che tengano conto di eventuali detrazioni fiscali che non possono essere scaricate dalla cedolare, ipotesi che ricorre soprattutto per i contribuenti che ricadono negli scaglioni bassi di reddito e hanno una capienza ridotta.
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